Nel “libro bianco” siamo in prima pagina
Che bella soddisfazione! E’ la sensazione che ciascuno di noi può provare nello sfogliare il Libro Bianco dello sport, redatto nel 2007 dall’Unione Europea, e che la scorsa settimana è stato ripresentato in occasione della cerimonia di apertura di "Milano capitale europea dello sport". Il capitolo due del Libro titola: "Il ruolo sociale dello sport". Questa tematica, nell’indice, viene prima della dimensione economica dello sport (3,7% del pil della Ue) , della dimensione organizzativa e di altro ancora. Sottolineando il ruolo sociale dello sport, il Libro Bianco parla con chiarezza dell’importanza di uno sport che promuova salute, integrazione, formazione e istruzione, volontariato, inclusione sociale. Tutte cose che diciamo e facciamo da anni. E’ entusiasmante leggere ora che le istituzioni europee riconoscono con così grande chiarezza le valenze educative e formative dello sport perché, implicitamente, significa che esse riconoscono il lavoro svolto dalle migliaia di società sportive come le nostre. Il CSI ha giocato spesso, nella sua storia, la parte del grillo parlante, chiedendo alle istituzioni e al sistema sportivo quei "cambiamenti epocali" suggeriti via via dalla nostra esperienza e dalla nostra sensibilità. Non sempre siamo stati ascoltati. Per fortuna siamo sempre andati avanti per la nostra strada, senza farci scoraggiare. Abbiamo formato generazioni e generazioni di dirigenti, allenatori, arbitri, operatori, che oggi operano in 13 mila società sportive e svolgono quotidianamente quel "servizio educativo e sociale" che il Parlamento Europeo considera così importante. Oggi abbiamo l’orgoglio di poter dire che - in Italia - lo sport di servizio sociale è nato prevalentemente "dalle nostre parti", nei nostri Comitati e nelle nostre società sportive. Indubbiamente è una battaglia tutt’altro che vinta. Chi le frequenta sa bene quanta fatica occorra per portare avanti la vita di società sportive che si basano sul volontariato e si destreggiano tra mille difficoltà quotidiane pur di riuscire a regalare ai ragazzi vere esperienze di educazione alla vita. E’ un lavoro oscuro, che in realtà fa parte di un grande disegno che ha come obiettivo quello di dare un contributo per costruire un mondo migliore. A volte, chiusi nel perimetro della propria società sportiva, si fa fatica a ricordare il vero senso di quello che facciamo. Per questo è bello scoprire che l’Unione Europea conta proprio su persone come noi, sul nostro modo di intendere lo sport, per realizzare l’Europa di oggi e di domani. E’ un compito esaltante. Proprio di quelli che piacciono a noi.